lunedì 18 maggio 2009

Una nuova chiave di lettura della crisi mondiale in atto.


A fronte del pericolo di perdere i propri beni, i beni di cui si sono appropriati, gli uomini cominciano a temere la scarsità e contemporaneamente all’idea di accumulazione nasce l’idea del tempo e nasce la necessità di fare la guerra per aumentare la propria potenza ed allontanare il pericolo della scarsità. Allo stesso tempo, l’idea di scarsità si rivela uno strumento utilissimo per la gestione del potere. Poiché chi gestisce risorse scarse ha potere, anzi il potere consiste proprio nella gestione di risorse che si presumono scarse. Gli uomini cominciano a farsi la guerra per aumentare la propria potenza all’infinito e garantirsi contro infiniti anni di scarsità, e cominciano a vedere il mondo secondo la nuova idea della scarsità, un mondo chiuso, piatto e circondato da un oceano che fa da limite così come le mura della città sono il limite di quella che un tempo era la casa comune in cui era sacra e inviolabile l’ospitalità. Le risorse alimentari, le informazioni, l’energia che nel mondo antico era rappresentata essenzialmente dagli schiavi, erano tenute scarse per aumentare il potere del principe e del gruppo che lo sosteneva. Ancora oggi il potere viene definito dalla scarsità dei beni da distribuire: e per sopravvivere a aumentare la propria potenza il potere deve definire come scarsi beni che non lo sono affatto, come l’acqua o il cibo. L’acqua non può essere scarsa in un pianeta che ne è coperto per oltre i due terzi, e il cibo non può essere scarso in un sistema che ne distrugge sistematicamente una parte consistente “per tenere il prezzo”. Insomma la paura atavica di rimanere senza risorse potrebbe innescare il meccanismo che: volgendo un’arma contro un altro lo separo da me, dalla comunità che ci aveva accomunato fino a quel momento.

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